Relazione di TERESA SICOLI – LA FELICITA’ SOCIALE Pensando alla qualità di vita voglio qui con voi condividere il mio pensiero e la mia professionalità su un concetto semplice che è insito nelle nostre vite: la felicità. Spesso associamo alla felicità i nostri più ardui desideri quasi come a dire che la felicità è inarrivabile. In realtà, sin da tempi lontani, molti studiosi hanno concentrato i loro studi proprio su di essa cercando di darne una visione più concreta, e stasera dibattendo, anche, su cos’è la qualità di vita, di certo non si poteva non considerarla. Il nostro vivere quotidiano e societario ci costringe, in senso lato, a dei ritmi determinati da un potere capitalistico e da un sistema economico che negli anni cinquanta, alla fine della seconda guerra mondiale dunque, ha determinato, con l’accordo internazionale della Conferenza mondiale di Bretton Woods, negli Stati Uniti, un nuovo corso economico sociale globale. Al cambio di questo sistema economico si sono succeduti dei periodi storici pregni di tanti conflitti. Quella che oggi viene definita la crisi del ventesimo secolo, per esempio, è iniziata negli Stati Uniti, con un episodio di crac finanziario di una banca americana: la Lehman Brothers. Tutto ciò avveniva nel settembre del 2008. Ricordare questi eventi, in modo sommario, ci aiuta a capire e a parlare stasera proprio di qualità di vita. In effetti, siamo investiti quotidianamente da un vortice di tante costanti e variabili che fanno parte dell’intero processo sociale e culturale del nostro paese, e in riferimento all’aspetto meramente sociologico possiamo asserire che la qualità della vita, oggi, ha una notevole importanza. Sebbene non vi sia uno specifico indice che ci aiuta a migliorare questa vita, sentiamo la necessità di vivere bene e vivere meglio.
Ecco allora che secondo l’ultima statistica stilata in Italia, aihmé ed ahinoi, la nostra terra di Calabria si colloca ancora una volta e disperatamente agli ultimi posti della classifica. Certamente tutto ha una spiegazione e realisticamente l’analisi è presto fatta ed è sotto i nostri occhi. Viviamo i nostri borghi, le nostre cittadine con tanti buoni propositi e con tanta ricchezza paesaggistica, culturale e storica, ma bisogna ammetterlo pecchiamo in molte altre cose di rilevato valore. E anche se il Nord Italia raggiunge risultati migliori, anche lì vi sono anomalie e storture del caso e varrebbe la pena cercare sempre la miglioria. Allora, bisogna provare a ridisegnarla questa qualità, bisogna capire cosa migliorare, bisogna cercare di azzerare le iniquità, bisogna sviluppare un maggiore senso critico e costruttivo, bisogna avere aspettative e realizzazioni, bisogna avere benefici confortevoli e stimolanti, bisogna intessere relazioni… il tutto proiettato ad un nuovo paradigma che dovrebbe avere come collante la felicità sociale. Cos’è la felicità sociale? Dapprima è l’insieme di due parole: la prima come astrazione tocca le corde intime della nostra vita e la seconda ci riconduce al concetto di vivere tutti insieme in società. Al dunque, sviluppare la capacità di vivere bene con se stessi e con gli altri, dà il senso di civiltà dell’ordine culturale, economico, politico, sociale, giuridico, ambientale di un gruppo societario. L’uomo nasce e si sviluppa nelle intersezioni di confronto con l’altro uomo, e a sua volta ed insieme, aggregano un contesto e lo vivono divenendo animali sociali, e se l’animale sociale ha un suo posto, anche il fatto sociale prende forma determinando così un benessere diffuso, se vengono create le condizioni giuste. In realtà la parola benessere è, nell’attualità, un indice economico dato dall’istruzione, dalla salute e dal PIL di un paese. Inoltre, il benessere economico porta con se tanti altri fattori: la ricchezza, la distribuzione dei redditi, i consumi, l’andamento delle famiglie, il volontariato che formano la qualità della vita. Nella generalità del panel, aggiungendo il tempo libero, l’ambiente, il nuovo mondo social tendiamo al fine dell’appagamento e dunque alla felicità. Il binomio reddito=felicità, però, non è associato ad una qualità di vita più felice se la condizione è più ricchezza monetaria. Anzi nelle società contemporanee l’uomo si realizza allorquando la felicità aumenti il benessere e la qualità di vita non legato a maggiore reddito. Ciò accade di più quando le nostre terre diventano terre sociali. Le terre sociali sono quei posti che vivono nelle nostre menti e nei nostri cuori e che devono confrontarsi con la fisicità del luogo e la realtà della vita. Incontri, collaborazioni e confronti danno l’ardire di nuove idee associate ai sogni. Un nuovo cammino tracciato e tracciabile nelle menti delle persone che vogliono creare valore nella loro vita, è possibile! Attraverso la felicità sostenibile si pratica la felicità sociale. Ed è sociale perché è sostenibile e cioè viene perseguita con lo sviluppo sostenibile: quel processo che deve soddisfare i bisogni presenti rispettando le generazioni future, con il rispetto della vita e della terra creando armonia. Il punto di ripristino, quindi, è fondamentale. Da dove ripartire allora…. iniziamo dalla nostra casa, iniziamo dalla nostra vita, iniziamo dai bambini, iniziamo da noi stessi. È lì la chiave di tutto. Un nuovo pensiero, un nuovo agire, un nuovo sentimento deve pervadere la nostra quotidianità. Una rivoluzione umana che ci deve vedere impegnati nella volontà del cambiamento e della ricerca di proficuità di buone azioni sociali. L’azione sociale preminente è la realizzazione della felicità di sé e da sé. Se non pratichiamo le buone prassi per creare pace, giustizia, socialità, laboriosità e creatività non riusciamo né a difenderci dall’attuale modello socio-economico culturale né possiamo imbastirne uno nuovo. Certo tanto è affidato a chi deve amministrare, a chi deve gestire, a chi deve collocare, a chi deve regolamentare, a chi deve normare. In fondo però, noi abbiamo una forte responsabilità: quella di determinare una buona e meritevole condizione di vita sociale, culturale, politica ed economica… e se tutti i modelli economici e matematici, che registrano le nostre economie e che nei quali risulta la nostra qualità di vita, tengono conto solo degli indicatori quantitativi quali il reddito, le tasse, il consumo delle utenze, le assicurazioni, i trasporti, i risparmi, gli investimenti e tanto altro ancora, e non tengono conto abbastanza degli indicatori qualitativi, la matrice costruita non rileva equità ma rileva disequilibrio. In ultimo, quindi l’auspicio rimane dei migliori e la felicità sociale è già una realtà: bisogna solo riconoscerla e praticarla CREANDO VALORE SOCIALE.
Cito il filosofo tedesco Kant: ” Siccome la nostra sorte nel mondo futuro può benissimo dipendere dal come abbiamo tenuto il nostro posto qua, concludo con le parole che Voltaire fa dire al suo onesto Candido, dopo molte discussioni inutili: «Pensiamo ai nostri affari, andiamo in giardino e lavoriamo!» “ I. Kant., e concludo con le tre domande che, secondo Kant, tutti dobbiamo porci nel contesto della generale filosofia della vita.
‘Che cosa posso sapere? Che cosa posso fare? Che cosa ho diritto di sperare?’
La Felicità sociale
Teresa Sicoli
Convegno – La qualità della vita
San Lucido, 24 novembre 2018