La Calabria del sambuco: IL POLLINO
La scoperta della terra rimane sempre una ricchezza. Quando il viaggio è anche una scoperta non pesa mai e al mattino si parte presto. Arrivo a casa della mia amica e lei che mi aspetta con il sorriso e la voglia di condividere il sole. Una bella mattinata, una chiamata al rifugio e via. Il paesello sempre raccolto nel silenzio armonico delle cose.. La piccola chiesa arabresh di Santa Lucia, con le iconografie piene di colore e di luce. La famiglia che accoglie con la tradizione del calore e della quotidianità.
A casa un bel caffè con i pasticciotti (dolci tipici pugliesi) portati dall’amico che in poco tempo ci fa attraversare con l’immaginazione e la fluidità del pensiero tutta l’Italia: da Bergamo a Gallipoli a Mazzara del vallo. Il lontano nord e l’entusiasmo nel citare la nostra Calabria, la Puglia e la Sicilia. Saluti e pronti alla scarpinata. La meta è Colloreto: convento della zona sopra Morano.
Il Pollino, le montagne che ti avvolgono e ti trasmettono immensità e anche una potente natura di pini loricati (specie che vive solo qui). Arriviamo e la signora ci saluta e ci porta a sé con l’invito di visitare il piccolo laghetto. Dieci minuti di passeggiata e una piccola salita che ci attrae per il rumore scrosciante dell’acqua. Piccolo sentiero e piccolo canale dove passa l’acqua. Si gira attorno al laghetto e ci si siede su di una panchina.
L’ora del pranzo ci richiama e il portico del piccolo casale ci attende. Un casotto di poche stanze con camini caratteristici con travi a vista e un bellissimo cotto antico sotto i nostri piedi. C’è gente che festeggia.. Chi una bimba bella, nella sua candida copertina rosa, di due mesi di vita e c’e chi si è radunato per la passione per i funghi. Il nostro tavolo sotto un porticato di legno e ricoperto di cannizzòle.. Arriva l’antipasto casereccio e la pasta al forno fatta come tanto tempo fa.
Tutto buonissimo con un vino bianco della casa e tra le tante cose buone ci sono le frittelle di sambuco. Finito il pranzo, iniziamo a scorgere delle nuvole e piano piano cominciamo la salita al convento. Ci addentriamo nel sentiero e tra mille rivoli e piccoli selciati e stradelle sterrate e piene delle radici degli alberi che ci marcano la via, arriviamo in cima e una volta arrivati tutto è imponente perché nonostante i crolli e la terra che ha coperto intero piano del convento riusciamo a scorgere quello che rimane dell’altare della chiesa e notiamo le tre volte che accoglievano i santi.
Tutto molto definito ed emozionante con il soffitto fatto dal cielo di nuvole e di qualche scorcio di azzurro, e lo scorgere di piccoli funghi e piante di asparagi e piccoli fiori selvatici e il sambuco con un fiore bianco e grande. Nel mentre.. Inizia il rumore dei tuoni che annunciano la pioggia che arriva. E tra le prime gocce iniziamo la discesa che diventa un rotolio di piccole pietre della roccia che sovrasta attorno .. Arriviamo giù agli alloggi e ci ripariamo sotto la grande veranda adiacente la vecchia stalla ripresa e ristabilita a stanza delle vivande.
La montagna di fronte ci appare colorata dal giallo delle ginestre che accolgono il grande acquazzone. La tenuta tutta, di 45 ettari di terra ben definita dai coloni del tempo, ha una storia che risale all’attacco dei francesi che dopo il 1806 cedono il passo ai frati che ne fanno una rigogliosa terra con il convento e i casali che accoglievano gli animali e le proprietà di terreno ben coltivato e che dava i frutti per la sussistenza della giornata e la ricchezza della riserva naturale che il posto ancora oggi detiene. Una giornata di tanti profumi e di incontri e racconti, dove la storia è protagonista e testimonia sempre la bellezza del Pollino.