Ogni viaggio porta con sé la scoperta di territori, di persone , di paesaggi, di oggetti e di visioni. Quando la metà è la Costiera Amalfitana il tutto assume un emozione diversa. Nel primo fine settimana di marzo mi immergo in una tre giorni di ricerca delle origini e di viuzze, di botteghe, di ceramiche, di mare, di cielo, di sole, di profumi. Atrani (il paese natìo di mio nonno) è un piccolo borgo anzi uno dei più piccoli borghi italiani e la sua bellezza richiama un grande affaccio sul mare a guardare la sua immensità e ad essere avvolto da esso. Alle spalle i monti Lattari con i terrazzi che sembrano dipinti a strisce gialle, che è il colore dello sfusato amalfitano, un limone corposo e profumatissimo. Le case con i tetti piatti e bombati ad accogliere le piante e i frutti per la maturazione o l’essicazione. Case bianche con il rigore dell’incastro, una attaccata all’altra e quasi per magia si intersecano con i portoncini e le piccole finestre dalle quali si ode il pianto o il riso dei bambini, le chiacchiere delle comari, l’odore dei panni stesi e il profumo dei piatti atranesi e amalfitani. E quando si arriva ai piedi della spiaggia ci si ferma ed anche se la prima difficoltà è quella di parcheggiare la macchina, si percepiscono subito nei dintorni tutte le nicchie popolate dai paesani e dei pochi turisti di questa bassa stagione. Un passo di qua e uno di là e i vicoli si aprono attorno con i gradini e i gradoni. Comincio a salire e mi ritrovo sul balcone di casa della mia famiglia, i miei zii. Il calore della loro casa è rincuorante e la loro cura verso di me amorevole. Dopo aver sistemato il tutto si esce e si raggiunge a piedi Amalfi (Antica Repubblica Marinara, la nobile Amalfi commerciava con l’Oriente prima di Venezia e di Genova e ancora oggi sono visibili le influenze arabe tra gli archi, le chiese e le volte degli arsenali medievali). La sera ti dà una sensazione romantica di quella parte di costiera che richiama anche la leggenda di Flavio Gioia, cittadino amalfitano e della sua storia sulla bussola. Entrando nelle piazzette e soprattutto nella piazzetta principale sembra come entrare nel salotto di una casa, dove tutti i tavolini e le sedie che circondano la piazza sono baciate dalle luci della sera e dalla luce del sole del giorno. Si odono le voci degli amalfitani che si salutano da una parte all’altra con una disinvoltura tipica della socialità del sud. Appena si alza lo sguardo si osserva il maestoso Duomo monumentale di Sant’Andrea. Cinquantasette gradini e si raggiunge. Entrare dentro è come varcare la soglia di un luogo sì religioso, ma anche mistico, dove l’altezza e i soffitti rotondi fanno immaginare la storia di uomini pieni di laboriosità, di creatività e di devozione a costruire luoghi di accoglienza e di fede alle persone di tutto il mondo. Lunghe camminate a piedi per i vicoli e per le strade tutte curve e muretti dove si scorgono numeri, vie e scritte sulle maioliche della costiera. Si arriva a piedi a Minori e poi a Maiori. Anche qui si trova la caratteristica costiera amalfitana con un aspetto anche un po’ più cittadino e dei lungomari sfavillanti di spiaggia e di colori e di tramonti che come sempre suscitano l’emozione del cuore e tutto sembra bellissimo. Poi se a tutto ciò aggiungi gli incontri e i sapori davvero la mente, il corpo e i sensi si adagiano sentimentalmente all’emozione. E quando poi s’incontra un bravo, eccellente e straordinario pasticcere come Sal De Riso, allora sì che la Costiera dà il meglio di sé. Un uomo che ha deciso con grande fermezza di creare valore nella sua terra e di non disperdersi nei meandri del diffuso successo che da alla testa. Grande uomo che ha voluto nella sua Minori crescere e diffondere, con il suo restare in terra sorrentina, l’arte dolce della sua favolosa pasticceria. (https://www.salderisojournal.it/). Arriva la sera e poi il mattino dove nel rientro verso la Calabria devi per forza percorrere il grande serpentone di curve della costiera. E quando si scorge Cetara un’altra tappa è d’obbligo e la curiosità di conoscere la famosa Colatura di Alici di Cetara, e nel mentre che lo sguardo cerca la bottega, incontro il signor Domenico, cetarese doc e nel momento della sua vita del meritato riposo, mi racconta un po’ della storia sua e di Cetara, paese di tonnara ovvero di venditori di tonni e delle alici che nelle varie salagioni venivano conservate e lavorate e dalle quali deriva la famosa colatura. Ricordi che si fanno nitidi e trascinano la mente a quei tempi dove questi piccoli paesi di pescatori vivevano di ciò che la natura aveva donato loro. E nel lasciare la costiera, e il signor Domenico adagiato sulla panchina rivolta a mare, l’ultimo paese che si attraversa è Vietri sul mare ed anche qui mi ritrovo nelle meraviglie della grande ceramica vietrese che mi attrae tanto da portar via un piatto tipico dai colori brillanti. Si va e quando arriva la sera mi ritrovo a casa e mi raccolgo nei miei pensieri di gioia di vivere in una terra di cotanta bellezza e storia, l’Italia.