Convegno Università UMG “Magna Graecia” Catanzaro 8 aprile 2019
“Legalità dell’azione amministrativa e contrasto alla corruzione”
Nell’immaginario collettivo tutti si dirigono verso un pensiero comune quasi scontato: la lealtà vive. Nella realtà dei fatti da più di 30 anni oramai ci imbattiamo quotidianamente nell’illegalità a tutti i livelli. L’Italia è stata quasi abituata ad un comportamento così diffusamente praticato con favoritismo e clientelismo, tanto che anche le persone con un evidente buon princìpio e una buona moralità fanno difficoltà ad esprimersi con ardore. Facile è dire: non si fa, non è legale, non è onesto, non è a norma, non ti spetta, non si falsifica, non si deturpa, non si imbroglia, non è moralmente praticabile, non rispetta la legge, non si compra con i soldi, non si fanno favori, non si inventano punteggi e titoli, non è di competenza eccetera e potrei continuare, quindi è più facile dire di si?! E accettare compromessi, accettare mazzette, superare la norma, falsificare atti e documenti pubblici, affiancarsi al disonesto riconosciuto, dare speranza contro legge, fare gare d’appalto truccate, violare la legge, sperperare i soldi pubblici, arricchirsi di introiti non leciti, favorire i potenti, ricoprire funzioni praticando l’illecito e anche qui potrei continuare perché la letteratura nel merito è infinita. Allora di nuovo mi domando: se sappiamo da che parte stare e da che parte non stare perché l’uomo si scopre di diffusa illegalità? Nella generalità dell’azione sociale si riscontrano più situazioni e/o fatti, che a seconda della gradualità del rischio e della fattibilità dell’illecito, rendono l’uomo nel suo agire un uomo comune e preda dell’ingordigia del potere e del denaro. Questa azione però nella più ampia praticabilità con più attori sociali coinvolti tende ad un certo punto ad interrompersi perché si percepisce che la corruzione in tutti gli ambiti e in tutte le organizzazioni corporative e associative istituzionali e non, frena e deturpa vergognosamente il processo onesto di sviluppo della società civile. E quando, poi, la corruzione è di evidente natura mafiosa e anche di grande connubio con funzionari, dirigenti e cariche istituzionali o politiche, allora sì che diventa il cancro da debellare.
L’otto aprile c.a. si è svolto a Catanzaro all’Università UMG Magna Grecia, il convegno “Legalità dell’azione amministrativa e contrasto alla corruzione”. Un bell’ incontro e il filo conduttore è stato un’insieme di relazioni, di racconti e di testimonianze a voler cercare di capire e spiegare cosa sono la corruzione e l’illegalità. Un forte segnale di stop al male e l’invito all’agire coraggioso nel praticare sempre la legalità. Un esempio di dibattito costruttivo e di trasmissione orale e partecipata ai giovani che prendano coscienza sempre più che chi è colluso e chi è disonesto produce un danno umano e sociale alle nostre vite sprecando e rovinando tutte le risorse che l’uomo possiede. Al convegno sono intervenute personalità di grande valore socio-culturale ed umano, eccone alcune:
- Piercamillo Davigo magistrato italiano, Presidente della II Sezione Penale presso la Corte Suprema di Cassazione e membro togato del Consiglio Superiore della Magistratura.
- Federico Cafiero DeRaho magistrato italiano, Procuratore Nazionale Antimafia.
- Nicola Gratteri magistrato italiano, Procuratore della Repubblica della DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) di Catanzaro.
- Alfonso Bonafede politico italiano, Ministro della Giustizia nel Governo Conte.
Il Procuratore Davigo nel suo intervento risulta essere chiaro e determinato; per lui la corruzione è un reato a cifra nera elevatissima. Non dimentica un episodio personale di un suo vecchio compagno di scuola che aveva intrapreso la strada dell’illegalità e che ritrovò dopo tempo imputato in un giudizio e ad alcune sue domande rispose con una affermazione molto dura: “Non ho avuto il coraggio che ci vuole per essere onesto, perché ad alcuni non è nemmeno richiesta l’onestà”. Il procuratore tiene ben in mente quelle parole e sa fare la differenza tra l’essere onesti o disonesti e continua dicendo che la corruzione e la disonestà sono un fatto sociologico ed anche un pensiero ricorrente che “se mi vendo per poco la corruzione è meno grave”. Ed è proprio lì l’errore perché la corruzione è molto più grave in virtù del vendersi facilmente ed a poco prezzo.
Il Procuratore De Rhao esordisce dicendo che la corruzione mina la nostra democrazia e che rappresenta un sistema criminale e che è un vero e proprio sistema. La corruzione è uno strumento per ottenere un risultato violando le regole. L’organizzazione del settore pubblico non è trasparente né vigilata e non ha all’interno gli anticorpi, e anche ottenere un semplice certificato è difficile e se è corrotto perfino il commesso che deve stilarlo vuol dire che tutta la filiera è corrotta. Una forza predominante che incide negativamente sulla nostra economia. La legge è corretta, allora manca il coraggio di fare il proprio dovere qui in Calabria? No, anzi qui dimorano i migliori prefetti, magistrati e funzionari il problema è che, a volte, e in misura strutturale risulta l’ incapacità di individuare se il soggetto è da una parte o dall’altra. La parte infedele delle istituzioni consente alla ‘ndrangheta di lavorare e quindi la fedeltà allo Stato, la correttezza, la presenza dello Stato rimangono i principi da attuare contro il sistema mafia.
Il Procuratore Gratteri dice che la società civile fatica a credere che sia così vicina alle associazioni mafiose e che essa stessa ne permette la sopravvivenza. Un conto è pensare che ci si fa un favore tra di noi, un conto è, invece, avere favori tra (società civile) e loro. La strategia, la via maestra è la corruzione per loro, che permette una vera e propria politica espansionistica. Una strategia pensata, programmata e realizzata; non è improvvisazione! E’ più proficuo barattare e non minacciare, così facendo hanno perseguito l’economia legale. La tattica della violenza non portava a nulla. Le organizzazioni mafiose vogliono essere trattati con i guanti e conquistate. L’uso della forza li isola e gli affari con i colletti bianchi non si realizzano se si usa violenza. L’affare tra gentiluomini è più redditizio e quindi devono programmare per entrare nei salotti. Nel rapporto obiettivo=efficienza le conseguenze della pattuizione sono importanti e il soggetto ricattabile è ricercato perché da sicurezza negli impegni presi e per la parola data; l’uso della violenza o della minaccia si mette in atto solo in caso di mancata contraddizione. Si agisce senza rischi, i pubblici funzionari infedeli vogliono affermarsi, arricchirsi e vogliono farlo subito con una mancanza di etica evidente. Il potere negoziale li pone alla pari con la controparte e si delinea una chiara posizione di forza. Il pubblico funzionario è consapevole a sfruttarla e si scoprono tangenti, beni di lusso, bonifici, contratti fittizi, assunzioni di presta nomi e via dicendo. Fare rumore significa rischiare anche di perdere tutto e allora bisogna non essere infedele ai patti. Il bilancio della ‘ndrangheta ha costi e guadagni. I costi sono tutti a carico dello Stato e della democrazia e sono nascosti: bassa qualità dei servizi, aumento pressione fiscale, recessione del lavoro, fuga di capitali. I ricavi vanno solo alla mafia (incameratrice ultima) e gli spiccioli agli imprenditori, ai commercialisti, ai funzionari bancari, ai professionisti eccetera che sono la loro zona grigia. L’ accumulo è in piena sicurezza e gli attori mafiosi sono prima consapevoli e dopo vittima. Un rapporto di riciclo e di convenienza. Altro aspetto di infiltrazione della mafia sono gli scambi elettorali: compro a monte il politico, gli assicuro l’elezione e in cambio garantisco l’asservimento del suo mandato politico agli interessi della mafia. Reato gravissimo. Il patto elettorale crea una contiguità e nella gestione della cosa pubblica è lo strumento d’ingresso. Rapporto stabile di favoritismi. la corruzione sistemica è un reato: non più singoli rapporti, ma un rapporto stabile e di pieno interesse alla sua funzione. Asservimento continuativo alla funzione viene espresso, soprattutto, da coloro che sono messi a libro paga. La storia va ridisegnata anche con gli interventi normativi.
Il Ministro della Giustizia Bonafede fa il suo intervento su: Nuovi strumenti normativi in materia di contrasto alla corruzione – Legge n. 3 del 2019. La corruzione merita un’attenzione particolare; la corruzione rappresenta una priorità per questo Governo ed è importante chiarire il nuovo approccio. Le leggi fatte per contrastare la corruzione sono nel decreto legge e sul tema giustizia la corruzione non colpisce solo la giustizia stessa, ma settori sociali del nostro paese fondamentali quali la sanità, le infrastrutture, il patrimonio storico e culturale. Non è solo una questione di nomi, di singole persone perchè la corruzione significa anche combattere per una migliore sanità per esempio e per una migliore economia in senso stretto. Bisogna parlare di giustizia al cittadino solo se egli sa che c’è una giustizia che funziona. La sensibilità del dibattito politico è sempre più alta e il reato di corruzione per noi è punire i corrotti a tutti i livelli e fare in modo che, una volta condannati, non abbiano più niente a che fare con la pubblica amministrazione a vita. Le sanzioni devono ritornare perpetue come erano un tempo. Siamo di fronte ad una rete criminale nuova e la persona condannata deve scontare la pena detentiva. Abbiamo il coraggio di dire che le mafie utilizzano la corruzione per infiltrare le istituzioni, e non è quasi mai un fatto singolo ne isolato, piuttosto un fenomeno che coinvolge molte persone creando i mercati illegali, il traffico di stupefacenti e l’illegalità diffusa nella società. I fatti di corruzione sono autoregolamentati e uno degli indici di percezione, che è un’ indice scientifico, è il costo delle opere pubbliche. Al dunque, l’obiettivo finale della giustizia al servizio dei cittadini, deve essere che tutti i cittadini che pagano le tasse, quando leggono la scritta “La legge è uguale per tutti” devono riconoscere che sia vera e che sia sostanza in ogni caso concreto che entra in tribunale. Allora potremmo dire che lo Stato di Diritto non vive solo nelle istituzioni, ma prima di tutto tra i cittadini!
Questi in breve gli interventi delle personalità citate e ai quali si sono aggiunti gli altri relatori a partire dal Presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra, dal giornalista Marco Travaglio, dal professore universitario e membro del CSM Fulvio Gigliotti e tanti altri. Concludo con un pensiero di Tommaso Campanella, (filosofo, teologo, poeta e frate domenicano, nativo di terra calabra, italiano) precursore dei nostri tempi e che nella sua opera “La città del Sole” anticipa quello che ordinatamente una comunità deve osservare e rispettare per diventare Stato sociale e di diritto.
“Tutte cose son communi; ma stan in man di offiziali le dispense, onde non solo il vitto, ma le scienze e gli onori e spassi son communi, ma in maniera che non si può appropriare cosa alcuna. Dicono essi che tutta la proprietà nasce da far casa appartata, e figli e moglie propria, onde nasce l’amor proprio“. T. Campanella
Teresa Sicoli
Convegno -Università UMG “Magna Graecia”-
Catanzaro, 8 aprile 2019.